R. N. O. "Rossomanno Grottascura Bellia"
Presentazione
La Riserva Naturale Orientata “Rossomanno, Grottascura, Bellia” è stata istituita con Decreto n° 84 del 2000, con la finalità di “conservazione e tutela di un antico rimboschimento di conifere”, ricade nella parte meridionale della provincia di Enna; la morfologia della zona è caratterizzata da estesi pianori alternati a tratti in pendio.
L’origine geologica dell’area è da far risalire al Pliocene Superiore, infatti la natura dei suoli è da attribuire alle sabbie plioceniche, molto permeabili e da qui si spiega la modesta idrografia superficiale.
Questa riserva è uno dei pochi polmoni verdi della provincia di Enna e senza dubbio la più atipica per la scarsa vegetazione autoctona presente e per le poche specie animali che vivono nei suoi boschi. La Riserva, in effetti, è stata istituita per proteggere un ambiente naturale in cui l’uomo ha avuto una parte rilevante. La gran parte dell’area è coperta da essenze di latifoglie e conifere, la latifoglia più abbondante è rappresentata dal genere Eucaliptus, mentre le conifere sono costituite prevalentemente da Pino domestico e Pino d’Aleppo.
Da un punto di vista più strettamente paesaggistico, il territorio è caratterizzato da altipiani sabbiosi, con alture che si attestano a circa 800 metri sul livello del mare. La caratteristica sabbiosa di questo territorio conferisce all’ambiente una sua spettacolarità, generata dalla facile erosione esercitata dai piccoli corsi fluviali e dagli agenti atmosferici, come ad esempio alcune sculture in pietra, vicino al parco Ronza, costituito dal gruppo dei “Pupi ballerini” o “Pietre incantate”. Queste pietre, alte fino a tre metri, sono di costituzione arenaria di colore grigiastro accentuato dalla presenza di macchie di scorrimento delle acque e di licheni; sono il risultato del percolamento di acque fortemente calcaree tra la sabbia che costituisce il substrato della zona. Esse sono disposte a guisa di “menhir”, al punto tale da aver fatto pensare, più volte, ad un allineamento dolmenico di origine preistorica; queste strane rocce colonnari, sembrano degli individui che la fantasia popolare ha voluto attribuire ad un sortilegio di qualche divinità o di qualche folletto dei boschi che pietrificò degli uomini impegnati in una danza sabbatica. La leggendaria presenza di questo gruppo di rocce ha sempre avuto un posto nella tradizione contadina e soprattutto pastorale sia dell’ennese che del piazzese che li ha voluti di volta in volta simbolo del demonio, personaggi puniti da Dio, effetto della natura o resti di perdute civiltà. Da non dimenticare è la sequenza che lo scomparso regista ennesi, Antonio Maddeo, dedicò a queste rocce nel film incompiuto “Vovò”, ove le rocce vengono scrutate soprattutto nel loro immaginario teromorfico ed antropomorfico.
La Riserva include: un’area attrezzata “il parco Ronza” dove l’Azienda ha creato una delle maggiori aree attrezzate della Sicilia, capace di ospitare centinaia di visitatori, con panche, tavolini, sedili, fontane, voliere e aree recintate dove si possono vedere, per la gioia dei bambini, daini, istrici, capre, cinghiali ecc; un vivaio, per la produzione di piantine forestali da rimboschimento, all’interno del quale è presente una biblioteca ambientale, fornita anche di un erbario; inoltre, la Riserva ospita la sede del Centro di Recupero per la Fauna Selvatica, gestito dalla LIPU di Enna, unico nella provincia.
L’area della riserva è stata abitata in epoca remota. Possiamo dire che essa è una sorta di parco archeologico immerso nel verde di un vasto bosco. Qui, infatti, sorgeva un centro sin dall’età del rame esistente sino al 1394 quando il paese di Rossomanno fu raso al suolo dalle truppe regie per punire il signore locale e la popolazione fu deportata a Enna. Già il Fazello, storico siciliano del Cinquecento, ci parla di antichi insediamenti nella zona e di resti che lui aveva visitato.
Dell’antico paese oggi rimangono alcune tracce: l’acropoli del centro siculo-ellenizzato di Serra Casazze con un lungo muro di cinta munito di torrette di difesa, resti di necropoli, case, magazzini, la base della torre feudale dei signori di Rossomanno, gli Uberti, una chiesetta tardi bizantina e, infine un convento eretto sui resti del paese distrutto e utilizzato come eremo fino a pochi decenni fa.
Il fascino della zona, così densamente interessata dalla permanenza dell’uomo intrinsecamente legata alla natura oggi dominante e quasi riconquistatrice delle aree e delle opere dell’uomo, ha spinto Nino Savarese, massimo scrittore ennese e fulgido esponente della letteratura moderna a novellare la storia di Rossomanno in un bel racconto omonimo che percorre le immaginarie vite dell’umanità che di Rossomanno fece la sua dimora.
La Riserva è facilmente percorribile sia a piedi che in mountain bike; dalla Riserva si può raggiungere in pochi chilometri, lungo la S.S. 117 bis, il Parco Minerario Floristella-Grottacalda che con i suoi “calcheroni”, le “discenderie”, i “castelletti dei pozzi” costituisce un museo di archeologia industriale per ricordare e scoprire le fatiche di chi si calava nelle viscere della terra per estrarre “l’oro giallo dei poveri”: lo zolfo.